PERCHE’ IL VOSTRO MEDICO PENSA CHE IL COLESTEROLO FACCIA MALE
L’inganno di Big Farma
In questo approfondimento trovate la traduzione di questo video del dottor Paul Mason un medico australiano che usa con i proprio pazienti una medicina basata sull’evidenza scientifica. Qui il suo sito. Come sempre i testi normali sono parole del dottor Mason mentre quelli in corsivo mie osservazioni.
Vi ricordo che potete trovare gli altri approfondimenti di Live Better in questa pagina
Buongiorno,
molte persone credono che i loro medici forniscano loro informazioni fallaci riguardo alla nutrizione e ai farmaci. Ma è vero che vengano fornite poco attendibili? Sì, ma non deliberatamente.
Potrebbe sorprendervi, ma moltissimi medici trovano difficoltà a destreggiarsi nell’intrico di informazioni quando si tratta di discernere fra i fatti e la finzione della letteratura scientifica.
Lo scorso anno ho ricevuto una mail da un collega: l’associazione medica cui lei appartiene stava revisionando le sue prescrizione per accertarsi lei avesse prescritto le statine a tutti i suoi pazienti diabetici. In pratica, lei stava subendo pressioni perché prescrivesse le statine a tutti i suoi pazienti diabetici nonostante lei pensasse che molti non ne avrebbero beneficiato. Quindi si mise a cercare evidenze scientifiche e trovò questo studio (1) che raccomandava la prescrizione delle statine ai diabetici sostenendo che le statine li avrebbe aiutati a vivere più a lungo.
Lei mi chiese se potessi aiutarla a comprendere i risultati dello studio.
Lo studio, citava sei studi a supporto della proprio conclusione: le statine allungano la vita dei diabetici. Andai a cercarle e le lessi tutte.
Il primo punto da chiarire è che quando uno studio scientifico fa delle affermazioni sulla mortalità deve osservare la mortalità. Sembrerebbe ovvio, eppure tre dei sei studi citati non analizzavano la mortalità. Gli altri tre studi invece avevano analizzato la mortalità, ma non hanno ottenuto risultati statisticamente significativi (ovvero i risultati potrebbero essere causati dalla pura casualità.
Questo tipo di risultati non possono giustificare l’utilizzo di un farmaco debba, soprattutto quando il farmaco può aumentare la probabilità di sviluppare il diabete, come scoperto dallo studio Woman’s Health Initiative (2): è stato scoperto che il rischio di sviluppare il diabete cresce del 71% in coloro che assumono statine.
Le prove scientifiche citate a supporto della raccomandazione di prescrivere statine ai pazienti diabetici erano tutto tranne che prove, eppure questa pubblicazione ha avuto una certa influenza ed è infatti stata citata ben 69 volte nella letteratura scientifica.
Nota di Elena
Il numero di citazioni viene oggi interpretato come una delle misure dell’impatto (dell’importanza) di una pubblicazione scientifica.
Adesso voglio raccontarvi una cosa interessantissima: nel 2014 è stato pubblicato un articolo su Nature che analizzava quante citazioni hanno in media le pubblicazioni scientifiche:
gli studi pubblicati erano 58 milioni di questi
25.332.701 ha ZERO citazioni (il 44% di 58 milioni)
18.280.002 ha da 1 a 9 citazioni (31%)
13.104.875 ha da 10 a 99 citazioni (23%)
Praticamente il 75% degli studi pubblicati ha meno di 9 citazioni.
Ma che cos’è una citazione?
Lo studio A viene “citato” quando un altro studio B parla dello studio A e dei suoi risultati. In teoria, più i risultati dello studio sono interessanti più dovrebbe essere citato.
Quindi cosa significa quando uno studio ha poche citazioni?
A) Potrebbe essere uno studio che parla di argomenti estremamente specifici in un campo dove ci sono pochi ricercatori, come per esempio la matematica. In questo caso quindi, gli studi non hanno molte occasioni di essere citati
B) Il secondo caso che è anche il più frequente: quello che è emerso dallo studio non interessa a nessuno. Quindi lo studio è inutile? Forse, però magari è servito per comprendere che l’ipotesi A non era quella corretta e quindi si procede ad investigare l’ipotesi B, C, etc che potrebbe poi portare a una grande scoperta! Ricordate cosa rispose Thomas Edison quando gli chiesero come si sentiva ad aver fallito 2.000 volte mente tentava di inventare la lampadina “io non ho fallito 2.000 volte, semplicemente ho trovato 1.999 modi come non va fatta la lampadina”
Ora che sapete che il 75% delle pubblicazioni ha meno di 9 citazioni, comprendete che lo stupore del dottor Mason che lo studio di cui sta parlando avesse ben 69 citazioni!
Questo episodio ci mostra l’esistenza di un grossissimo problema: la medicina basata “sull’eminenza” ovvero che si basa sull’opinione degli esperti benché essa sia spesso solo la perpetuazione di miti e falsità di vecchia data. Fondamentalmente, coloro che ricoprono posizioni preminenti presso importanti istituzioni esercitano una grande influenza sull’opinione generale basata sull’eminenza medica. E’ necessario dire che questo è il principale nemico della medicina basata sull’evidenza scientifica che si fonda sulla valutazione critica della miglior ricerca scientifica disponibile.
Ma torniamo alla mail: questo medico stava chiaramente cercando di fare la cosa giusta e aveva sufficienti conoscenze per non fidarsi necessariamente dell’opinione degli esperti, ma la maggior parte dei medici non sa farlo e non sono consapevoli di essere stati sviati e infarciti di falsità durante il loro training.
Persino nel 2021 la maggior parte dei medici ancora abbocca alle falsità nutrizionali che sono state insegnate loro. L’ho constatato anche io quando ho sottoposto un breve test sulla nutrizione a un gruppo di giovani medici e questi hanno realizzato punteggi inferiori a quello della mia receptionist.
Se ciò riflette la competenza media dei medici sulla nutrizione, quale speranza c’è per i pazienti? Sicuramente si fanno condizionare dal Food Star System (sistema australiano di valutazione nutrizionale dei cibi fondato sull’assegnazione di stelline) senza comprendere che è una menzogna dell’industria alimentare: “acquista questi cereali con 5 stelle (nonostante contengono il 17% di zuccheri aggiunti), mentre questo salmone affumicato ha solo 1.5 stelle.”
Non c’è dunque da stupirsi se le persone effettuano scelte alimentari sbagliate. E, così come il pubblico può essere raggirato dal Food Star System, i medici possono essere ingannati dalla mancanza di chiarezza e trasparenza delle pubblicazioni scientifiche.
Ho già parlato del Women’s Health Initiative Study pubblicato nel 2006 (3) uno studio imponente su oltre 48.000 donne, costato 700 milioni di dollari, progettato per determinare una volta per tutte se le diete con basso contenuto di grassi fossero benefiche per la salute. Ebbene, purtroppo i risultati pubblicati non sono del tutto veritieri. Vedete, coloro che condussero lo studio erano già convinti che le diete a basso contenuto di grassi fossero vantaggiose e volevano semplicemente dimostrare la loro convinzione.
Vennero presi due gruppi a cui furono assegnate una dieta a basso contenuto di grassi o una dieta regolare e furono tenuti sotto osservazione per i successivi otto anni. Data la dimensione e il risalto di questo studio, i suoi risultati ebbero grande risonanza: i benefici di una riduzione dell’assunzione di grassi erano persino maggiori dell’8/10% rilevati nello studio.
Peccato che i risultati non mostrassero assolutamente nulla di questo genere, ma era impossibile comprenderlo leggendo le tabelle o le conclusioni. Per arrivare alla verità si doveva procedere fino a pagina 661 della rivista dove era stato pubblicato lo studio e lì, in termini poco trasparenti, era riportato l’unico risultato veramente significativo dell’intera ricerca, molto probabilmente l’unico risultato che non era legato solamente al caso: coloro cui era stata assegnata una dieta a basso contenuto di grassi avevano avuto esiti peggiori. Coloro che avevano alle spalle una storia di problemi cardiaci e che avevano seguito la dieta a basso contenuto di grassi avevano una probabilità di complicazioni come attacchi di cuore superiore del 26 %.
Come fu possibile tenere nascosto al pubblico questo risultato contenuto in uno studio costato 700 milioni di dollari di denaro pubblico? In che modo furono i ricercatori in grado di concludere che non solo questo studio supportava le diete a basso contenuto di grassi, ma dimostrava il beneficio di diete a basso contenuto di grassi anche più estreme di quelle che erano state oggetto del loro studio? Il modo in cui i risultati furono presentati era palesemente ingannevole, eppure medici, scienziati e a seguire il grande pubblico furono portati a credere che questo studio fornisse le prove a favore delle diete a basso contenuto di grassi.
Forse avete già sentito parlare del Sydney Diet Heart Study (4) (ne avevo parlato nell’approfondimento sul servizio de Le Iene e sul documentario Fat Fiction) uno studio randomizzato controllato di ottima qualità che prendeva in considerazione gli effetti della sostituzione dei grassi saturi con grassi polinsaturi in uomini che avevano avuto attacchi di cuore, cercando di stabilire se questa dieta riducesse in effetti il rischio di morte.
Questo studio era destinato a non essere mai pubblicato e fu in effetti solo per un colpo di fortuna che uno studioso rinvenne i dati dello studio originale in seminterrato e fu in grado di decodificarli e pubblicarli una quarantina d’anni dopo che lo studio era stato concluso.
Così nel 2013 i risultati del Sydney Diet Heart Study furono finalmente pubblicati nel British Medical Journal: la riduzione dei grassi saturi nella dieta alimentare e l’aumento dei grassi polinsaturi aumentavano il rischio di morte del 62%. Questo è probabilmente uno degli studi più rilevanti e probabilmente non ne avete mai sentito parlare.
Naturalmente prove scientifiche come queste che scardinano la visione ortodossa sulla pericolosità dei grassi saturi non verranno accettate senza essere messe in dubbio e infatti è stato sottoposto a numerose critiche, la maggior parte delle quali fuorvianti e irrilevanti.
L’argomentazione che viene utilizzata più di tutte è che l’aumento del 62% del rischio di morte era determinato da un aumento del consumo di acidi grassi trans e specificatamente si affermava che la margarina consumata nel gruppo sottoposto a sperimentazione aveva un alto contenuto di acidi grassi trans.
Questa argomentazione è l’unica giustificazione che questi fanatici spaventati dai grassi saturi hanno per poter ignorare i danni causati dagli oli dei semi polinsaturi. Questa, tuttavia, è un’argomentazione errata perché non tiene conto dellla differenza fra margarine solide e morbide.
In quell’epoca, in effetti, la margarina solida conteneva acidi grassi trans, ma la margarina utilizzata nello studio era la Miracle, una margarina soffice che contengono pochissimi, se non addirittura nessun, acido grasso trans. E il consumo di prodotti fatti con margarina solida contenente acidi grassi trans, era espressamente sconsigliato nel gruppo che seguiva l’alimentazione con grassi vegetali.
Inoltre, questo gruppo ha usato olio di cartamo che contiene poco o addirittura nessun acido grasso trans. Quindi l’assunzione di acidi grassi trans fu minima. La sgradevole verità è che l’aumento di grassi polinsaturi nella dieta, come raccomandano le linee guida alimentari odierne, aumentò le probabilità di morte del 62%.
Il Sydney Diet Heart Study non è l’unico test di controllo randomizzato che espone i danni causati dalla sostituzione dei grassi saturi con oli polinsaturi.
Il Minnesota Coronary Survey anch’esso completato nel 1973 (5), è un uno studio randomizzato in doppio cieco su più di 9 000 uomini e donne nel quale una dieta ricca di grassi saturi era messa a confronto con una dieta ricca di grassi polinsaturi. Di nuovo, come nello Sydney Diet Heart Study, i risultati furono quasi perduti nella storia finché in un sorprendente caso di deja vu i dati originali dello studio furono rinvenuti in uno scantinato e pubblicati nel 2016 (6). Anche in questo caso i risultati rispecchiavano quelli del Sydney Diet Heart Study: ridurre i grassi saturi e aumentare i grassi polinsaturi nell’alimentazione aumentava il rischio di morte. Qui c’è una nota; prima della sua morte, fu chiesto al principale ricercatore come mai non pubblicarono i risultati dello studio ed egli rispose “perché i risultati erano deludenti”.E’ palese che la scienza non dovrebbe funzionare in questo modo e tuttavia lo fa. Abbiamo appena visto due esempi eclatanti di situazioni in cui i risultati riguardo gli oli polinsaturi sono stati quasi nascosti semplicemente perché i
ricercatori non ne gradivano i risultati.
Naturalmente dobbiamo anche affrontare il problema opposto: persino quando la ricerca viene svolta con chiarezza e accuratezza essa viene o ignorata o liquidata senza fondamento (7). Questa pubblicazione ha subito entrambe le cose. Nonostante sia stata pubblicata in uno delle più prestigiose riviste mediche del mondo (NdE il British Medical Journal) pochissimi dei medici con cui parlo ne conoscono l’esistenza. E sospetto che uno dei motivi per cui essa non sia stata ampiamente condivisa e discussa è che le sue conclusioni demoliscono l’ipotesi che dovremmo evitare i grassi saturi perché potrebbero aumentare i nostri livelli di colesterolo LDL. In effetti, questo studio ha riscontrato che coloro che avevano i livelli più alti di colesterolo LDL vivevano più a lungo. Molto più facile pretendere che questo studio semplicemente non
esista.
Il fatto è che questa è una systematic review che include ogni studio di coorte disponibile per rispondere alla domanda: cosa accade a chi ha alti livelli di colesterolo LDL? Tutti i singoli studi pertinenti furono inclusi: 19 studi di coorte prospettici con oltre 68 000 partecipanti: la schiacciante conclusione fu che gli individui con i livelli più alti di colesterolo LDL vivono più a lungo.
Nota di Elena una revisione sistematica è uno studio che prende in considerazione tutti gli studi pubblicati su un determinato argomento e ne analizza i risultati. Le revisione sistematiche insieme alle meta analisi sono quelle che hanno maggior valore a livello di evidenza scientifica.

Uno studio di coorte prospettico invece è uno studio che segue per pungo tempo un gruppo di individui abbastanza simili che però fanno cose diverse e che all’inizio dello studio sono sani. Per esempio: si può seguire un coorte di camionisti di mezz’età che fumano oppure no e testare l’ipotesi che tra 20 anni l’incidenza di cancro ai polmoni sarà più alta nei grandi fumatori.
Infatti, 16 dei 19 studi rilevarono questa relazione: quanto maggiore era il livello di colesterolo LDL tanto minore era la probabilità di morte. Diamo ora un’occhiata più approfondita ai dati dei diversi studi. Su ogni riga i risultati dei 19 studi mentre le quattro colonne rappresentano i livelli di colesterolo LDL. Sostanzialmente, ogni colonna rappresenta un raggruppamento del 25% della popolazione nello studio in base ai livelli di colesterolo LDL. La colonna a sinistra mostra coloro che hanno i livelli di colesterolo LDL più bassi e quella sulla destra coloro che hanno i livelli più alti.

I numeri rappresentano rischio relativo di morte. Minore di 1 indica una probabilità di morte ridotta. Se mettete a confronto la probabilità di morte di coloro con i più bassi livelli di colesterolo LDL rispetto a quelli con i livelli più alti noterete che gli ultimi sono chiaramente associati a una ridotta probabilità di morte. Ad esempio, questo studio ha rilevato che coloro che hanno i livelli più alti di colesterolo LDL hanno una probabilità di morire minore del 34% rispetto a coloro che hanno i livelli più bassi. (NdE come si arriva al 34%? 1 meno 0,66 uguale 0,34) Questo studio ha rilevato una probabilità di morte ridotta del 47% in coloro che hanno il livello maggiore di colesterolo LDL.
Se esaminiamo tutti gli studi, noteremo che vi è uniformità dei risultati. NdE mano a mano che ci spostiamo verso destra (ovvero verso i gruppi di persone con i più alti livelli di LDL) più il numero diventa piccolo (che significa minor rischio di morte).
Eppure alcune persone ancora rifiutano questi risultati e affermano che potrebbe trattarsi di causalità inversa. Il concetto di causalità inversa significa che la malattia diminuisce i livelli di colesterolo LDL e perciò gli individui con i più bassi livelli di colesterolo LDL sono semplicemente coloro che sono già malati. In effetti un calo dei livello di colesterolo LDL negli ultimi due anni di vita è riportato chiaramente nella letteratura scientifica, (8) ma questa argomentazione è inconsistente su tre diversi livelli:
- il periodo medio di osservazione in ciascuno di questi studi è significativamente più lungo di due anni eppure coloro che avevano i livelli maggiori di colesterolo LDL vissero più a lungo.
- persino quando dai soggetti sottoposti allo studio erano esclusi coloro affetti da malattie terminali, malattie cardiache o diabete, non ci fu alcuno spostamento nei risultati, neppure una flessione lieve dei risultati. Questo studio ha rilevato una riduzione di circa 50% della probabilità di morte per coloro con i livelli più elevati di colesterolo LDL nonostante queste esclusioni.
- anche se escludiamo il 25% con i livelli di colesterolo LDL minori, presumibilmente coloro affetti da malattia cronica, e confrontiamo coloro che si trovano nel secondo quartile di livelli colesterolo LDL con coloro che hanno i livelli maggiori, notiamo comunque risultati migliori in coloro che hanno i livelli di colesterolo LDL più alti.
Infatti, la realtà è che i risultati di questa pubblicazione sistematica sono solidi e liquidare o ignorare questi risultati è scientificamente disonesto.
Un altro esempio diffuso di ciò che io considero essere un eclatante rifiuto dell’evidenza scientifica riguarda l’alimentazione ad alto contenuto di grassi e la perdita di peso. Fra il 2003 e il 2018 furono pubblicati 62 studi randomizzati controllati che mettevano a confronto la perdita di peso di individui sottoposti a diete ad alto o basso contenuto di grassi. Di questi 62 studi, 31 ebbero risultati statisticamente rilevanti mentre gli altri 31 ottennero risultati che potevano essere ascritti al caso. Qui ho riprodotto i risultati dei 31 studi con risultati statisticamente rilevanti: le barre verdi rappresentano il peso perso con una dieta ad alto contenuto di grassi mentre le barre rosse il peso perso con una dieta povera di grassi.

Se osservate ogni coppia di risultati, vedrete che coloro che hanno una dieta ad alto contenuto di grassi hanno perso più peso in tutti gli studi. Non un solo studio ha risultati a favore della dieta a basso contenuto di grassi. Nonostante queste prove schiaccianti, molti medici ancora promuovono diete a basso contenuto di grassi per la perdita di peso. Quando i medici ignorano la scienza in questo modo, non vi è alcuna sorpresa se abbiamo un’epidemia di obesità. Alcuni medici non riescono neppure a indursi a porre in dubbio le loro convinzioni quando vedono pazienti che guariscono sotto i loro stessi occhi. Prendiamo per esempio questo mio paziente settantunenne che grazie a un cambio di alimentazione è riuscito a
- mettere in remissione il diabete
- sistemare la sua pressione sanguigna
- cessare di assumere cinque farmaci
- ottenere una remissione della sua IBD (malattia infiammatoria cronica intestinale)
Penserete che il suo endocrinologo che lo curava originariamente per il diabete fosse felice… Ebbene, in questa lettera a me indirizzata, il suo medico riconosce che la remissione del suo diabete è probabilmente legata alla sua nuova dieta a basso contenuto di carboidrati. Ma prosegue col raccomandare che egli ritorni allo stesso esatto tipo di dieta che stava seguendo quando aveva sviluppato tutti questi problemi medici, nonostante il paziente gli dicesse chiaramente di avere già provato senza successo questa dieta raccomandata. Inoltre, raccomanda al paziente di assumere una statina, nonostante avesse già avuto effetti collaterali con un’altra statina.
Ma ora c’è della luce alla fine del tunnel: per esempio, l’American College of Cardiology, in passato un baluardo del dogma e delle raccomandazioni anti grassi saturi, ha ora cambiato opinione: in questo recente pubblicazione riconosce che l’evidenza non è a favore di una riduzione dell’assunzione di grassi saturi [9]. In effetti raccomanda esplicitamente che latticini, carne e uova siano consumati liberamente!
Per comprendere la portata di questo mutamento, bisogna che comprendiate che tre degli autori di questo articolo [9] facevano parte del comitato che ha redatto le guide alimentari per gli americani del 2005. E fra di loro c’è anche il presidente del comitato stesso!
Tutto quello che ci serve ora è che le linee guida e la formazione medica si aggiornino o che, come minimo, i medici comincino a valutare indipendentemente la letteratura scientifica.
Ora, per i professionisti della salute che comprendono la scienza, ma temono di fare raccomandazioni che contrastino con le linee guida sull’alimentazione, dovreste sapere qualcosa: a pagina due delle guide alimentari australiane si afferma esplicitamente che le linee guida sono applicabili solamente a coloro che sono in buona salute e non a coloro che soffrono di una condizione medica che richieda una consulenza alimentare specialistica. Quindi, se stai fornendo consulenza nutrizionale per gestire il diabete o l’obesità, le linee guida non devono essere applicate.
NdE chissà se c’è il medesimo messaggio anche nelle nostre linee guida. Se qualcuno di voi fosse a conoscenza di questa informazioni per favore scrivetemi una mail elena@livebetter.eu.
Quindi se sei confuso dal consiglio del tuo medico, devi capire che i medici non hanno il monopolio del sapere. Per la verità la mia constatazione è che i medici hanno la stessa probabilità di ogni altra persona di dimostrare dissonanza cognitiva quando vengono confrontati con prove che mettono in discussione le loro convinzioni. Non fidatevi ciecamente dei cosiddetti esperti. Non continuate a confondere eminenza con prove scientifiche. Solamente le prove dovrebbero guidare la pratica medica. Grazie
NdE La “dissonanza cognitiva” si crea quando due nozioni/credenze sono in contrasto tra loro. Facciamo un esempio: immaginate di essere un medico di 60 anni: da quarant’anni mi sento ripetere che il colesterolo LDL è la causa delle malattie cardiovascolari. Un mio paziente mi manda lo studio [7] citato da Paul Mason che non solo dimostra che il colesterolo LDL non sia la causa delle malattie cardiovascolari ma addirittura che le persone con LDL elevato vivono più a lungo. Questa informazione è in contrasto con quello che ho sempre creduto vero. Com’è possibile? Se fosse vero ne avrebbe parlato la televisione, no? Ah ok, allora sicuramente lo studio che mi ha mandato il mio paziente è scorretto. Meno male, posso continuare a credere a quello che ho creduto finora. Purtroppo questo comportamento è MOLTO umano, perché restare attaccati alle nostre credenze è più semplice, richiede meno sforzo. E poi siamo onesti: quanti medici italiani parlano inglese e sono quindi in grado di leggere uno studio scientifico pubblicato su una rivista internazionale. Se volete potete provare: a questo link trovato il pdf dello studio su LDL e mortalità [7]. Stampatelo e portatelo al vostro medico.
Per questo è così importante essere responsabili della nostra salute.
“Molto spesso il grande nemico della verità non è la bugia – deliberata, programmata e disonesta – ma il mito – persistente, persuasivo e irrealistico. Troppo spesso rimaniamo attaccati ai clichés dei nostri antenati, assoggettando i fatti a un set prefabbricato di interpretazioni. Ci godiamo il comfort dell’opinione, evitandoci il fastidio del dover pensare”. John F. Kennedy
BIBLIOGRAFIA
- https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2811452/
- https://jamanetwork.com/journals/jamainternalmedicine/fullarticle/1108676
- https://jamanetwork.com/journals/jama/fullarticle/202339
- https://www.bmj.com/content/346/bmj.e8707.long
- https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/2643423/
- https://www.bmj.com/content/353/bmj.i1246.long
- https://bmjopen.bmj.com/content/6/6/e010401.long
- https://academic.oup.com/biomedgerontology/article/73/8/1083/4259390?login=false
- Saturated Fats and Health: A Reassessment and Prop



















































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