LA VERITÀ SUL COLESTEROLO ALTO
L’approfondimento di oggi è la traduzione di questo video del dott. Paul Mason un medico australiano che usa con i proprio pazienti una medicina basata sull’evidenza scientifica. Qui il suo sito. I testi in nero sono del dottor Mason mentre quelli in blu sono miei.
Vi ricordo che potete trovare gli altri approfondimenti di Live Better in questa pagina.
Questa lezione parla dell’evidenza scientifica che contraddice quasi tutto ciò che ho imparato sull’LDL studiando medicina.
Fino a poco tempo fa, abbiamo quasi sempre additato i grassi e il colesterolo nella nostra dieta come causa dell’aterosclerosi. Questa è conosciuta come l’ipotesi lipidica: in modo molto semplice, mangiare grassi aumenta il nostro livello di LDL, il quale va poi a bloccare le nostre arterie.
Sfortunatamente, quando il presidente Eisenhower ha avuto il suo attacco cardiaco nel 1955, questa era la ragione che è stata ripetuta dagli scienziati più influenti del tempo. Ciò mise l’ipotesi lipidica sul percorso giusto per infestarci di generazione in generazione.
La domanda è, quali sono le prove che un alto livello di LDL ti ucciderà?
Una revisione sistematica [1] di 19 studi di coorte prospettici con oltre 68000 partecipanti rispose a questa domanda, e la stragrande maggioranza degli studi – 16 su 19 – ha trovato che gli individui con i livelli più alti di LDL hanno vissuto più a lungo: più alto era il livello di LDL, più bassa la probabilità di morire. Non importa come si dividessero i partecipanti, confrontando il gruppo con più alto LDL e quello con il più basso, o persino con il secondo più basso, i livelli più alti di LDL vincevano sempre. Persino quando soggetti con malattie terminali, malattie cardiache, diabete furono esclusi, i risultati sono rimasti gli stessi. Questo studio ha trovato una riduzione del 50% nella probabilità di morte nel gruppo con più alto LDL rispetto al più basso.
In poche parole, i ritrovamenti di questa revisione sistematica sono robusti e rigettarli o ignorarli è
una frode scientifica.

Guardiamo più attentamente che cos’è l’LDL.
Avrete probabilmente imparato ad associare l’LDL con il colesterolo, magari confuso l’uno per l’altro, ed è un errore che molti dottori commettono. Molto spesso loro parlano di colesterolo e LDL come se fossero la stessa cosa. Il fatto è che l’LDL è molto più di semplice colesterolo. Si tratta infatti di una struttura complessa chiamata lipoproteina A, fatta da grassi, colesterolo e proteine, e il corpo dedica una gran parte delle sue risorse alla sua produzione. Nell’immagine qui accanto si può vedere che l’LDL non solo trasporta del colesterolo (le particelle rosa) legato ad acidi grassi al suo interno, ma ne contiene anche come parte integrante della sua membrana.
Tuttavia, nelle placche aterosclerotiche si trovano sia colesterolo, sia particelle di LDL. Questo per caso implica che esse possano esserne in qualche modo la causa? Incolpare l’LDL per questo motivo è completamente insensato, equivale a confondere correlazione e causalità: solo perché due cose esistono insieme allo stesso tempo, ciò non vuol dire che una abbia causato l’altra.
Rivolgendo nuovamente la nostra attenzione alle lipoproteine, la prima cosa che è necessario capire è che l’LDL è solo una di cinque classi principali di lipoproteine, la più grande differenza tra le quali è la loro dimensione.

La lipoproteina in basso a sinistra nell’immagine si chiama chilomicrone, e si forma dopo aver mangiato. Quando arriva il momento di fare un’analisi del sangue a digiuno, però, la maggior parte di questa è scomparsa, quindi non dobbiamo preoccuparcene. In alto a destra si trova l’HDL, colloquialmente conosciuto come “il colesterolo buono”; per il momento, vorrei concentrarmi sulle tre lipoproteine al centro: il VLDL, l’IDL e l’LDL, che indicano lipoproteine a densità molto bassa (VLDL), lipoproteine a intermedia densità (IDL) e lipoproteine a bassa densità (LDL). Più la lipoproteina è piccola, più è densa. E la ragione per cui queste tre sono collegate da delle frecce è che essenzialmente sono tutte la stessa particella.
Pensate a VLDL come a un palloncino con una piccola perdita: man mano che si rimpicciolisce la andiamo a definire come un altro tipo di lipoproteina, arrivando alla fine a diventare LDL. Quindi in essenza LDL è solo una forma rimpicciolita di VLDL. VLDL si rimpicciolisce perché sta facendo il suo lavoro, ovvero consegnando il suo carico di lipidi a vari tessuti in tutto il corpo.

Ma da dove arriva esattamente VLDL? Viene prodotto dal fegato e poi immesso nel sangue affinché possa consegnare il suo carico di lipidi. Mentre consegna, diminuisce le sue dimensioni, diventando prima una lipoproteina a densità intermedia IDL e poi una a bassa densità LDL. L’LDL viene poi riassorbito dal fegato per essere riciclato.
Spiegato questo importantissimo concetto, vorrei cambiare argomento per un momento ed esaminare il mito di vecchia data secondo cui il colesterolo e i grassi saturi che assumiamo attraverso l’alimentazione alzino i livelli di LDL.

L’immagine qui accanto mostra il ciclo di produzione di queste lipoproteine. I fattori che potrebbero alzare i livelli di LDL sono due:
– un aumento nella produzione del precursore dell’LDL, il VLDL
– una riduzione nel riassorbimento dell’LDL da parte del fegato
Il colesterolo e i grassi saturi che assumiamo con l’alimentazione non sono in grado di fare nessuna di queste due cose.
Se il colesterolo assunto dagli alimenti aumentasse l’LDL allora si presume che consumarne 7.000 milligrammi al giorno porterebbe ad alti livelli di LDL, ed è esattamente ciò che ha fatto questo favoloso studio [2]: i ricercatori hanno fatto mangiare ai pazienti 35 uova al giorno per un mese e i loro livelli di colesterolo sono rimasti normali. E nemmeno i grassi saturi aumentano l’LDL: considerate questo studio controllato randomizzato [3] che ha dato ai soggetti 50 grammi al giorno di uno tra olio di cocco, olio d’oliva e burro per quattro settimane.
Il grafico qui sotto confronta i livelli di LDL alla fine dello studio in base al grasso consumato. Coloro che hanno consumato l’olio di cocco hanno consumato il 94% di grassi saturi, mentre chi ha mangiato burro ne assumeva il 66%. Tuttavia, il gruppo dell’olio di cocco ha visto i suoi livelli di LDL calare, mentre è aumentato nel gruppo del burro (nonostante contenga meno grassi saturi dell’olio di cocco).

Torniamo adesso alle nostre lipoproteine VLDL, IDL e LDL. Essendo ciascuna di queste particelle essenzialmente identiche, presentano tutte la stessa proteina identificante sulla loro membrana, che è chiamata APO B100. APO B100 ha la funzione fondamentale di agire da tesserino identificativo, permettendo alle lipoproteine di essere riconosciute dai recettori presenti sul fegato e sulle cellule in tutto il corpo.

Nell’immagine a lato si possono vedere le conseguenze di un danno ad APO B100: le lipoproteine possono raggiungere i recettori, ma non vengono lasciate entrare e quindi si accumulano nel sangue. Questa situazione è la causa dell’aumento della “conta di particelle LDL” nel sangue.
Dato che sono piccole, il volume complessivo di queste particelle non è grandissimo in confronto alle loro quantità effettive, quindi in sostanza si arriva ad avere tantissime particelle, ma non tanto volume. Tale volume però è quello che noi chiamiamo livello di colesterolo LDL, che è quello che normalmente misuriamo, e ciò spiega come mai il numero delle particelle sia un indicatore di rischio di malattie cardiovascolari molto più accurato rispetto al volume totale di LDL.
Questo studio [4] realizzato nel 2018 basato su 15 anni di controlli su oltre 28.000 donne supporta questa ipotesi. Lo studio ha trovato che il volume di colesterolo LDL non era minimamente predittivo dell’insorgere di malattie cardiovascolari, mentre la conta delle particelle sì: coloro che avevano un elevato numero di particelle presentavano un rischio di sviluppare malattie cardiovascolari quasi due volte e mezzo superiore.

La domanda quindi adesso diventa: visto le lipoproteine LDL danneggiate aumentano il rischio di malattie cardiovascolari, possiamo capire se abbiamo LDL normali o danneggiata? La risposta è sì. [5,6,7] Quando una lipoproteina LDL viene danneggiata si rimpicciolisce. Più danni subisce, più si rimpicciolisce.

Prove dell’importanza dello stato di LDL nel considerare il rischio di malattie cardiache vengono da questo studio [8] con più di 11.000 soggetti: in questo grafico si possono vedere 4 linee, ognuna rappresentante vari livelli di LDL non danneggiate (che vengono chiamate spesso LDL grandi e soffici) e questi sono stati inseriti nel grafico in correlazione con il rischio cardiovascolare all’aumentare degli anni. Si può vedere che le linee sono quasi completamente sovrapposte, livelli più alti di LDL non danneggiato non aumentano il rischio cardiaco.

Invece l’analisi delle LDL piccole e dense (la versione danneggiata delle LDL) mostra chiaramente che livelli elevati di LDL piccole e dense sono associati a un rischio di malattie cardiovascolari molto più elevato; anche quando i livelli di LDL complessivo erano bassi, la presenza di LDL piccole e dense è predittivo di rischio cardiovascolare.

E questo non è un risultato isolato: questo studio [9] di otto anni fatto in Giappone ha trovato che coloro che avevano più LDL piccole e dense erano cinque volte più a rischio di soffrire di malattie cardiache.
Si può testare la presenza di LDL piccole e dense usando una centrifuga per separare le particelle di LDL: i campioni di LDL vengono messi in un gel, per poi essere fatti girare ad alte velocità, così che le lipoproteine si muovano all’interno del gel in base alle loro dimensioni e alla loro densità.

L’immagine qui a sinistra è un esempio di un campione di LDL salutare: nel riquadro giallo vediamo una sola linea scura verticale. I risultati delle linee scure verticali sono presentati con un grafico in cui i picchi corrispondono alle linee scure nel gel. L’altezza dei picchi corrisponde al volume totale di ogni lipoproteina. Nella sezione dell’LDL (quella in giallo) è presente un solo picco ben definito, prova di una sola, sana popolazione di LDL.

L’immagine a destra invece rappresenta un campione di LDL dannoso. Dentro il riquadro giallo adesso si vedono due linee verticali distinte, che sul grafico appaiono come due picchi distinti di LDL.

Ulteriori danni alle LDL possono portare alla presenza di un terzo, o addirittura un quarto picco, come nell’immagine a sinistra, in cui si vede che la popolazione di LDL danneggiate è molto maggiore rispetto a quella sana, e si può anche vedere una gran quantità di lipoproteine nella quarta e quinta fascia. E la quarta fascia è dove le cose iniziano a complicarsi.

Questo studio [10] del 2021 ha trovato prevedibilmente che non c’era alcuna differenza nei livelli complessivi di LDL tra chi era sano e chi soffriva di cardiopatia coronarica. Ma guardando le sottofrazioni delle LDL, hanno trovato che la presenza di LDL dalla fascia 4 in poi era quasi sempre associata con la cardiopatia coronaria.
Ciò significa che un andamento delle LDL a doppio picco che si estende fino alla fascia 3 come nell’immagine di sinistra potrebbe tranquillamente non avere problemi, mentre il triplo picco che si estende fino alla fascia 4 dell’immagine di destra indica quasi sicuramente un problema.
Tuttavia, per quanto informativo, questo test è costoso. Fortunatamente possiamo farci un’idea della probabilità della presenza di LDL danneggiate, basandosi su un normale profilo lipidico. L’indicatore principale sono i trigliceridi: un’analisi [11] di più di 5000 pazienti con malattie cardiache ha trovato una chiara correlazione tra i livelli di trigliceridi e la quantità di particelle LDL piccole e dense.
Nel grafico sotto, il gruppo sulla sinistra rappresenta quei pazienti con alte LDL piccole e dense, e il gruppo sulla destra, quello che sembra a forma di L, rappresenta i pazienti con LDL grandi e soffici, mentre l’asse verticale è il livello di trigliceridi. Si può vedere che nel gruppo sulla sinistra, quello delle LDL danneggiate, i pazienti avevano in media livelli molto più alti di trigliceridi; per di più, man mano ci si muove verso destra, dove le LDL erano più grandi e soffici, i livelli sono più bassi.


In effetti, un livello di trigliceridi inferiore a 0,8 millimoli per litro o 70 milligrammi per decilitro è indicativo di un basso rischio di avere LDL piccole e dense, e al contrario un livello di trigliceridi superiore a 2,8 millimoli per litro o 250 milligrammi per decilitro è un portatore di cattive notizie.

Questi dati corrispondono bene con ricerche precedenti: questo studio [12] del 1990 ha rilevato che solo circa il 5% dei soggetti aveva LDL piccole e densequando i loro trigliceridi erano inferiori a 0,8 millimoli per litro o 70 milligrammi per decilitro, e vorrei anche far notare che a meno di 0,5 millimoli per litro o 40 milligrammi per decilitro l’incidenza di LDL piccole e dense è vicinissima allo zero.

E adesso arriviamo all’HDL, per il quale ciò che cerchiamo è un livello alto. Qui è chiaro che il livello di LDL piccole e dense aumenta sostanzialmente con livelli di HDL al di sotto di 1,3 millimoli per litro o 52 milligrammi per decilitro (immagine 1).

Ancora meglio di considerare trigliceridi o HDL per conto loro è guardare il loro rapporto, come prova questo studio [13]: si può vedere qui che un rapporto di più di 0,9 considerando le due misure in millimoli per litro o sopra i 2,0 misurando in milligrammi per decilitro è associato a una più alta probabilità di avere LDL piccole e dense (immagine 2).
Di conseguenza, credo che questo sia un calcolo attendibile per stabilire la probabilità che un profilo lipidico sia aterogeno o non aterogeno, ovvero capace o meno di intasare le arterie.

→ Possibile andamento B (considerare ulteriori valutazioni)
→ Probabile pattern A
Nota di Elena: quindi se è molto probabile che le LDL siano sane, quindi grandi e soffici se
- HDL è maggiore di 52 mg/dL
- Trigliceridi sono inferiori a 70 mg/dL
- Il rapporto “trigliceridi : HDL” è inferiore a 2,0 mg/dL
Se invece i numeri sono diversi, c’è un’alta possibilità che le LDL siano piccole e danneggiate, e quindi ci sia un rischio cardiovascolare.
Adesso andrò a confondere un po’ le acque. Ho dimostrato che livelli più alti di LDL sono in media associati alla longevità, tuttavia ciò non vuol dire che ogni caso di aumento di LDL sia una buona cosa. Prendendo questo grafico [14] che correla LDL e mortalità, si vede chiaramente, sulla sinis

tra, che il rischio più elevato di morte è associato al livello più basso di LDL; si può anche vedere che, verso destra, il rischio aumenta, anche se meno, all’aumentare dell’LDL.
Ciò non è sorprendente, perché numerosi fattori possono aumentare la produzione di VLDL, aumentando quindi il numero di particelle LDL. Il più ovvio di questi è l’insulino resistenza [15], e qualcosa che potrebbe sorprendervi è che questa può aumentare in diete a basso consumo di carboidrati, spesso associata con l’aumento di LDL e solita
mente nel contesto di un alto consumo di latticini.
I latticini possono infatti contribuire all’insulino resistenza: questo studio [16] ha trovato che un alto consumo di latticini è stato indicativo di insulino resistenza in donne di mezza età. Un risultato supportato da quest’altro studio sperimentale [17] che ha confrontato diete ricche di latticini e diete ricche di carne rossa, lungo il corso di quattro settimane. I soggetti che seguivano la dieta con tanti latticini facevano esperienza di un aumento della loro insulina a digiuno, compatibile con l’insulino resistenza, nonostante avessero una normale tolleranza al glucosio all’inizio dello studio.
C’è da precisare che sebbene i latticini possano peggiorare l’insulino resistenza, non sono comunque tanto dannosi quanto la maggior parte dei cibi nella tipica dieta occidentale. È per questo che studi fatti sulle popolazioni possono indicare che i latticini sono associati con un miglioramento nell’insulino resistenza: perché alla fine i latticini rimpiazzano cibi che sono ben peggiori.
È anche facile esagerare nel consumo dei latticini, e credo che una delle ragioni sia che questi contengono naturalmente una versione della morfina [18]. Per tanti che faticano ad allontanarsi dal caldo abbraccio che i cibi zuccherini ti danno con la loro scarica di dopamina, i latticini possono semplicemente diventare un ripiego, e considerando che gli effetti costipanti della morfina sono molto ben conosciuti, ciò spiegherebbe anche perché i latticini possono provocare costipazione.
Ci sono anche buone prove che la carenza di vitamina B12 può avere come conseguenza l’aumento dell’LDL. Uno studio [19] ha visto un aumento significativo nella sintesi del colesterolo causata da bassa vitamina B12, e se cercate di capire se siete o meno carenti non pensate neanche per un secondo che i riferimenti standard per i livelli di vitamina B12 identifichino accuratamente una carenza di B12. I riferimenti standard vengono estrapolati dai livelli medi all’interno di una popolazione, ma siccome la popolazione è carente di B12 anche i livelli standard non rappresentano il livello ottimale.
Un’altra possibile causa dell’aumento dell’LDL è legata all’infiammazione, in particolare una proteina segnale che spesso circola nel sangue durante stati infiammatori. Questo è chiamato fattore di necrosi tumorale alfa, e questo studio [20] fatto su criceti dorati, il cui sistema lipidico è molto simile al nostro, ha dimostrato che il fattore di necrosi tumorale ha causato la sovrapproduzione di VLDL (il precursore di LDL) di più di otto volte rispetto alla norma. Per questo, ogni volta che vedo alti livelli di LDL sono sempre alla ricerca di possibili fonti di infiammazione.
Analogamente, voglio far notare che sono numerose le cause che possono portare ad alti livelli di trigliceridi al di fuori di carboidrati zuccherini e alcol. Alcune delle più comuni che incontro includono l’ipotiroidismo, patologie renali, diabete, emocromatosi e numerosi medicinali, tra cui betabloccanti e corticosteroidi. Quindi, come per l’LDL, se vedi un alto livello di trigliceridi inaspettato ricordatevi di considerare anche altri fattori oltre alla dieta.
Riassumendo:
- la storia che ci hanno ripetuto su come LDL sia la causa principale di malattie cardiache è chiaramente senza senso.
- quando però LDL è ossidato può diventare un problema
- il rapporto “trigliceridi : HDL” è un metodo affidabile per verificare lo stato di ossidazione di LDL.
- Un alto livello di LDL (anche se non ossidato) potrebbe essere sintomatico di un altro problema e quindi non deve assolutamente essere trascurato
BIBLIOGRAFIA
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- https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/1191862/
- https://bmjopen.bmj.com/content/8/3/e020167
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- https://www.ahajournals.org/doi/10.1161/01.atv.20.10.e63?url_ver=Z39.88-2003&rfr_id=ori:rid:crossref.org&rfr_dat=cr_pub%20%200pubmed
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- https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/18372392/



















































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