I PERICOLI DELL’ACIDO LINOLEICO
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PREMESSA
Ricordiamoci sempre che siamo ignoranti. Gli esseri umani del 2500 guarderanno alle nostre conoscenze scientifiche trovandole arretrate e ignoranti. Noi vediamo allo stesso modo le conscenze del 1500.
Le popolazioni che vivono ancora in maniera ancestrale hanno un bassissimo consumo di acido linoleico e godono di ottima salute. Bisogna però essere onesti, queste popolazioni hanno tante altre cose che promuovono la loro salute:
- Non consumano cibo processato
- Stanno molto all’aria aperta
- Non sono soggetti a tossine ambientali
- Si muovono molto
- Hanno ottime relazioni sociali
- La loro vita segue i ritmi naturali
INTRODUZIONE
Questo approfondimento comincia con una storia, quella di Fred Kummerow, uno di quegli esseri umani che io definisco “change maker”: una persona che cambia le cose. Oggi purtroppo la gente è convinta che le cose non si possano cambiare. Non è così: le cose cambiano, ma solo quando c’è qualcuno che investe tempo e risorse per farle cambiare.
Negli anni 50 il biochimico Fred Kummerow trova grosse quantità di grassi trans nelle arterie di morti per malattie cardiache. Per capire quale fosse la causa effettua esperimenti con topi: se nutriti con grassi trans sviluppano ateriosclerosi, mentre se i grassi trans vengono rimossi, l’ateriosclerosi va via.
Pubblicò la sua prima ricerca sul legame tra i grassi trans e l’ateriosclerosi nel 1957, ma nonostante l’evidenza che continuò ad accumulare nel corso dei successivi decenni, l’allarme rimase inascoltato.

Finalmente nel 2006 l’FDA impose che il contenuto di grassi trans fosse riportato nella tabella nutrizionale. Ma non era sufficiente. Quindi nel 2009 Kummerow, all’età di 94 anni, presenta un’istanza all’FDA richiedendo che i grassi trans vengano eliminati dall’alimentazione degli americani. Nessuno gli risponde e quindi nel 2013 Kummerow (all’età di 98 anni!!!) fa causa all’FDA e magicamente tre mesi dopo l’FDA finalmente annuncia i suoi piani per eliminare i grassi trans in quanto “non considerati sicuri per la salute umana”.
Dopo 60 anni, finalmente a giugno 2018 Fred Kummerow ha vinto la sua battaglia! Fred Kummerow è stato un uomo straordinario che ha lavorato nel suo laboratorio fino all’età di 101 anni. Oltre alla sua lotta contro i grassi trans, ha anche contribuito a scoprire che uno dei veri colpevole del rischio cardiovascolare è il colesterolo ossidato.
Perché ho raccontato questa storia? Perché nel 1977 ci hanno detto che per vivere sani avremmo dovuto sostituire quel cattivone del burro pieno di grassi saturi, con la margarina. Dopo 40 anni però si sono resi conto che la margarina era piena di grassi trans responsabili malattie coronariche, ateriosclerosi e ictus cerebrale… (1,2,3)
Potrebbero essersi sbagliati anche con gli oli di semi? Quello della margarina è solo uno degli innumerevoli esempi dove gli esseri umani hanno commesso un errore di valutazione, pensate all’amianto, solo per fare un esempio.
La morale della storia è: cerchiamo sempre di usare la nostra testa, il senso critico e il buon senso. Quando sono in dubbio, io mi affido all’evoluzione, ecco un esempio: com’è possibile che i grassi animali, consumati dal genere umano per milioni di anni, siano i colpevoli di patologie nate negli ultimi 100 anni?
ATTENZIONE: i grassi trans nocivi per la nostra salute sono solo quelli che si formano nei processi industriali per la creazione dei grassi idrogenati. I grassi trans naturalmente presenti nel latte materno, nei latticini e nella carne di manzo, non sono nocivi, anzi. Per esempio si è visto che l’acido vaccenico (contenuto latte materno e in carne e latte di ruminanti) aumenta la capacità linfocitaria di uccidere le cellule cancerogene (4).
In Europa il contenuto massimo di grassi trans nocivi consentito è di 2 g su 100 g di prodotto. Quindi bisogna prestare attenzione alle etichette ed evitare i prodotti che nella lista ingredienti contengono grassi idrogenati.
I GRASSI SATURI SONO INNOCENTI
Fino al 2014 io consumavo raramente il burro: ero convinta facesse male perché conteneva grassi saturi. D’altro canto questo era quello che era stato detto alla popolazione fin dal 1977 quando sono state pubblicate le prime linee guida sull’alimentazione. Chissà come abbiamo fatto a sopravvivere per 2 milioni e mezzo di anni senza linee guida… 😉
Poi nel 2014 ho scoperto la Ted Talk del dottor Dominic D’Agostino “Starving cancer” e ho iniziato ad approfondire cosa fosse questa dieta chetogenica che faceva sparire il cancro negli animali. Ho approfondito leggendo libri (in fondo ne ho elencati alcuni), il primo fu The Bulletproof Diet di Dave Asprey, l’inventore del Bulletproof Coffee e ascoltando centinaia di ore di interviste a medici e nutrizionisti. Quell’anno uscì anche una monografia del Credit Suisse “Fat: a new helath paradigm”: analizzava più di 400 studi scientifici e libri sull’argomento grassi giungendo alla conclusione che i grassi saturi non erano la causa delle malattie cardiovascolari.
Dopo aver raccolto così tanta evidenza a favore dei grassi saturi, avevo cambiato idea: erano i grassi migliori che potessi consumare. Quindi, con mio immensa gioia, ricominciai a mangiare burro, uova, e panna!
In quell’occasione imparai che purtroppo la scienza non è sempre trasparente e che alla fine i ricercatori sono esseri umani con i loro pregiudizi e le loro debolezze. I veri scienziati, quelli che cercano la verità e se ne fregano se smentisce la loro ipotesi iniziale, sono veramente pochi.
In merito a questo tema racconto la storia di due studi realizzati intorno agli anni 70 che non furono pubblicati perché “i risultati non erano quelli che ci aspettavamo” (parole di uno dei ricercatori). In quegli anni la maggior parte del mondo scientifico era convinta che il consumo di grassi saturi fosse la causa dell’ateriosclerosi e quindi delle malattie cardiovascolari. Questi due studi dimostrarono l’esatto opposto e quindi non vennero pubblicati.
Il primo studio è il Minnesota Coronary Experiment (5) condotto tra il 1968 e il 1973 su 9.423 pazienti ricoverati in case di cura e ospedali psichiatrici. Questo studio ha un altissimo valore di evidenza scientifica in quanto i pazienti erano obbligati a consumare esattamente l’alimentazione prevista dell’esperimento, in quanto erano ricoverati.
La lipid hypothesis afferma che l’abbassamento del colesterolo ottenuto dalla sostituzione dei grassi saturi con i grassi vegetali diminuisca il deposito di colesterolo nelle arterie, l’arteriosclerosi, le malattie cardiovascolari e quindi aumenti la sopravvivenza. Ci sono stati diversi studi randomizzati controllati che hanno dimostrato che sostituendo i grassi saturi con i grassi vegetali il colesterolo si abbassi, ma nessuno studio ha dimostrato che questo riduca le malattie cardiovascolari e la mortalità.
Nel Minnesota Coronary Experiment la dieta per ridurre il colesterolo prevedeva in un gruppo la riduzione del 50% dei grassi saturi e un aumento del 280% di acido linoleico omega 6 rispetto all’altro gruppo.
Risultato? Con la dieta per abbassare il colesterolo, il colesterolo si abbassò, ma la mortalità aumentò.
Il secondo studio è il Sidney Diet Heart Study (6) svoltosi tra il 1966 e il 1973 su 458 uomini tra i 30 e i 59 anni che avevano da poco sofferto di un evento coronarico. Anche in questo caso, in uno dei due gruppi i grassi saturi furono sostituiti con olio e margarina di cartamo (che contiene il 75% di acido linoleico).
Risultato? Anche in questo esperimento sostituire i grassi saturi con acido linoleico ha aumentato la mortalità. E anche in questo caso i risultati non vennero pubblicati perché contrari a quanto si attendevano i ricercatori.
Secondo me questo atteggiamento è anti-scientifico. Uno scienziato dovrebbe avere interesse solo per la verità e non ad avere ragione. Se questi studi fossero stati pubblicati probabilmente la guerra ai grassi saturi non sarebbe mai cominciata e forse oggi la nostra salute sarebbe migliore.
Questi studi vennero pubblicati solo intorno al 2010 (quindi circa 40 anni dopo) grazie al lavoro di Christopher Ramsden dell’NIH che li pubblicò sul prestigioso British Medical Journey.
LA NASCITA DEGLI OLI DI SEMI
Prima del 1866, la dieta occidentale consisteva principalmente in grassi saturi. In occidente grassi animali come strutto, sego (grasso di manzo), grasso di montone o agnello, e burro. Mentre in oriente grassi vegetali spremuti a freddo, olio di cocco e olio di palma.
Gli oli di semi, comunemente consumati oggi, non esistevano prima della fine del 1800. Oggi invece gli oli di semi, sono tra gli alimenti più consumati al mondo dopo il riso e il grano: costituiscono il 20% delle nostre calorie giornaliere (7).
Sono entrati nella nostra alimentazione solo 100 anni fa e in questo lasso di tempo le malattie croniche hanno subito un aumento vertiginoso. Coincidenza? Oggi moltissimi medici e ricercatori affermano che l’eccesso di omega 6 nella nostra alimentazione (causato dal consumo di oli di semi) sia una delle principali cause delle malattie croniche.
In effetti solo tra il 1959 e il 2008 la concentrazione di acido linoleico nel tessuto adiposo degli americani è aumentata del 136% (8).

Per ogni aumento di 1 kg nell’assunzione annua pro capite di acido linoleico, la concentrazione nel tessuto adiposo aumenta del 2%. Poiché l’emivita dell’acido linoleico nel tessuto adiposo è di circa 680 giorni, i cambiamenti nell’assunzione di acido linoleico richiedono diversi anni per determinare un aumento così alto nel tessuto adiposo. L’emivita è il tempo necessario per diminuire la concentrazione di una sostanza nell’organismo del 50%.
Prima che gli oli di semi fossero considerati un alimento, venivano utilizzati come olio combustibile o lubrificante.
Fino alla metà del 1800 il grasso combustibile usato nella maggior parte del mondo era quello di balena, poi arrivarono combustibili più economici come il cherosene e serviva trovare un’alternativa anche per la lubrificazione dei macchinari della rivoluzione industriale: fu così che nacque l’olio di semi di cotone.
Il problema è che nel 1911 Procter & Gamble lo fece diventare un alimento: lanciò sul mercato un prodotto a base di olio di cotone idrogento, Crisco, la prima margarina al mondo. Conteneva il 50% di grassi trans…
La rivista Popular Science scrive: “Quello che era spazzatura nel 1860, diventò fertilizzante nel 1870, mangime per il bestiame nel 1880, e cibo da tavola nel 1890” (9).
L’ ECCESSO DI ACIDO LINOLEICO OMEGA 6
Il problema con gli oli di semi è l’elevata presenza di acido linoleico, omega 6, la cui presenza in eccesso oggi sappiamo essere infiammatoria.
Nel corso dell’evoluzione, gli esseri umani hanno assunto omega 3 e omega 6 in rapporto circa 1:1. Tuttavia, nell’ultimo secolo circa, questo rapporto è cambiato drasticamente nella dieta occidentale per arrivare a 1:20, e anche oltre (10).
Storicamente, l’assunzione di acido linoleico è passata da circa 2 g/giorno nel 1865 a 29 g/giorno nel 2008, un aumento del 1.350%!!! L’apporto calorico dell’acido linoleico era circa l’1% dell’apporto calorico totale nel 1865 ma è passato al 25% nel 2010, un aumento del 2.400!!! (11)
MA GLI OMEGA 6 NON SONO ESSENZIALI?
Gli acidi grassi essenziali sono gli omega 3 e gli omega 6, in quanto il corpo umano non è in grado di produrli e li ha bisogno per alcune funzioni.
In Italia le linee guida (12) consigliano di assumere tra il 4 e l’8% dell’energia giornaliera da omega 6 e tra lo 0,5 e il 2% da omega 3. Le linee guida americane (13) invece consigliano tra 1,1 e 1,6 g al giorno di omega 3 e tra 4,4 e 6,4 g al giorno di omega 6, così da mantenere il rapporto omega 6:omega 3 a 4:1.
La differenza sugli omega 6 è grande: su un fabbisogno energetico di 2.000 calorie, tra il 4 e l’8% di calorie da omega significa da 8,8 a 17,6 grammi, mentre in America al massimo 6,4 g per gli uomini, mentre per le donne solo 4,4 g.
Purtroppo anche in questo caso l’America dimostra di essere avanti a noi. L’altro caso eclatante è la rimozione del limite giornaliero di 300 mg colesterolo dalle linee guida alimentari 2015 (14), mentre in Italia, quasi 10 anni dopo il limite permane. La cosa gravissima è che la ragione per sui è stato rimosso è: “Le evidenze disponibili non mostrano alcuna relazione tra il consumo di colesterolo alimentare e i livelli di colesterolo nel sangue.”
Chi redige le nostre linee guida non si è ancora accorto che non esiste evidenza? Quanti anni dobbiamo ancora aspettare? Ma soprattutto: sono quasi 50 anni che ci dicono che mangiare colesterolo fa aumentare il colesterolo nel sangue e adesso si rendono conto che non c’erano evidenze disponibili?
Spero si inizi a capire dove nasce il mio scetticismo verso le linee guida alimentari: non sono basate su evidenze scientifiche, ma su credenze personali supportate da studi epidemiologi interpretati con pregiudizi personali. Mi dispiace, ma questa è la triste realtà. E chiunque vorrà prendersi il tempo di approfondire in maniera oggettiva arriverà purtroppo alle mie stesse conclusioni.
ACIDO LINOLEICO: QUANTO NE ABBIAMO BISOGNO?
La prima dimostrazione dell’essenzialità dell’acido linoleico fu ottenuta da Burr e Burr nel 1929-1930.
Tuttavia, una revisione accurata dei dati utilizzati per stabilire l’essenzialità dell’acido linoleico nella dieta rivelò che questa conclusione era basata su diete di controllo non solo carenti di acidi grassi omega 6, ma anche di acidi grassi omega 3. Questa doppia carenza nelle diete di controllo sembra invalidare la determinazione del requisito di acidi grassi omega 6.
Studi successivi hanno dimostrato che l’acido grasso omega-3, sia in grado di ridurre i sintomi della carenza di acido linoleico. Ciò solleva dubbi su quanto l’acido linoleico sia veramente “essenziale” nella dieta umana, specialmente poiché, è praticamente impossibile evitare di ingerirne abbastanza nelle diete attuali.
Questo capitolo è stato estratto dall’articolo (15) del dr. Joseph Mercola sull’acido linoleico
I PROBLEMI DELL’ ACIDO LINOLEICO
Prima del XX secolo, l’assunzione media di acido linoleico era inferiore al 2% delle calorie totali ma l’attuale consumo supera il 25%. Il consumo di acido linoleico a questi livelli riduce il tasso metabolico e aumenta il danno ossidativo ai tessuti, rendendoci più suscettibili alle malattie croniche. L’assunzione costantemente elevata probabilmente accelera anche l’orologio biologico, portando a un invecchiamento prematuro.
Il motivo principale per cui un eccesso di acido linoleico causa danni ai tessuti cellulari è la facilità con cui si ossida, a causa dalla presenza di doppi legami. Per capire meglio questo aspetto rimando all’approfondimento “grassi saturi e insaturi”.
L’ossidazione dell’acido linoleico porta alla formazione di metaboliti ossidati dell’acido linoleico (OXLAM). È noto che l’ossidazione dei grassi (termine tecnico perossidazione lipidica) sia associata a diverse malattie croniche. Questo processo non è legato solo all’acido linoleico, ma a qualsiasi grasso che si ossida facilmente, quindi i grassi insaturi. I grassi saturi, non avendo doppi legami, sono MOLTO stabili all’ossidazione.
L’accumulo delle molecole che si formano dall’ossidazione dei grassi influenza le funzioni cellulari, dalla proliferazione all’apoptosi, alla necrosi, a seconda della concentrazione. I metaboliti che si formano dal consumo di oli di semi sono stati associati a:
- disfunzioni mitocondriali
- infiammazione
- danno endoteliale
- deficit di memoria
- Alzheimer
- riduzione dei livelli di glutatione, quindi minori difese antiossidanti
- resistenza all’insulina nelle cellule adipose
- inibizione della cardiolipina, un grasso situato nei mitocondri
- riduzione della capacità di trasformare gli omega 3 vegetali in EPA e DHA
Il fatto che l’acido linoleico rimanga nel corpo per lunghi periodi peggiora la situazione. L’emivita dell’acido linoleico è di circa 680 giorni. Ciò significa che ci vogliono circa sei anni per sostituire il 95% dell’acido linoleico nel corpo con grassi sani.
CURIOSITÀ: sentirete dire che gli omega 3 si trovano anche nei vegetali. In realtà la maggior parte dei vegetali contengono il precursore, ALA, degli omega 3 necessari al nostro corpo: EPA e DHA. Il processo di conversione da ALA a EPA e DHA è poco efficiente, solo il 5%. L’unica vera fonte vegetale di EPA e DHA, sono le alghe. In realtà le alghe sono anche la ragione per cui i pesci contengono EPA e DHA.
IMPORTANTE come spesso accade, è la dose a fare il veleno: modeste quantità di acido linoleico supportano la salute umana, l’eccessiva assunzione crea problemi.
Questo capitolo è stato estratto dall’articolo (15) del dr. Joseph Mercola sull’acido linoleico
ACIDO LINOLEICO E MALATTIE CRONICHE
Il medico che più di tutti ha parlato dei problemi legati all’eccesso di acido linoleico è il dottor Chris Knobbe. Il suo libro The ancestral diet revolution espone in maniera chiara ed esaustiva tutta la questione. Si trovano anche moltissimi suoi interventi su Youtube.
Lo stress ossidativo, i danni ai tessuti e la disfunzione mitocondriale dovuti a un eccesso di acido linoleico non sono solo responsabili dell’insorgenza di malattie cardiovascolari e Alzheimer, ma anche di altre malattie croniche come cancro, demenza, obesità e diabete, che sono anch’esse associate ai metaboliti ossidati. Al momento ci sono posizioni contrastanti riguardo alle associazioni tra l’assunzione di acido linoleico e molte di queste malattie croniche, andiamo quindi ad analizzare i possibili meccanismi di azione. Tra tutte queste patologie e l’aumento del consumo di acido linoleico esistono correlazioni ampiamente dettagliate nel libro del dottor Knobbe. ATTENZIONE desidero ricordare che “correlation doesn’t mean causation” ovvero: se anche due cose sono correlate, non significa che una sia la causa dell’altra. Quello che però penso è: abbiamo vissuto milioni di anni senza oli di semi, quindi nel dubbio che possano essere dannosi, meglio evitarli.
Obesità: potrebbe essere dovuto dall’aumentata resistenza all’insulina delle cellule adipose causata dall’acido linoleico. Chiaramente ci sono anche tanti altri fattori: sedentarietà, eccesso di cibi processati, tossine ambientali, etc.
Malattie cardiovascolari: il meccanismo di azione potrebbe essere legato ai metaboliti ossidati che ossidano LDL. L’LDL ossidato è oggi riconosciuto come una delle principali cause delle malattie cardiovascolari.
Cancro: i metaboliti ossidati danneggiano i mitocondri. Esiste evidenza che dimostra che l’eccesso di acido linoleico aumenti il rischio di sviluppare cancro della pelle. Inoltre sembra che i grassi polinsaturi trasformino sostanze inermi in cancerogeni.
Questo capitolo è stato estratto dall’articolo (15) del dr. Joseph Mercola sull’acido linoleico
I GRASSI PIÙ RICCHI DI ACIDO LINOLEICO
Ora andiamo a vedere quali sono i grassi più ricchi di acido linoleico (15)

Se vogliamo avere un’alimentazione povera di acido linoleico:
- gli oli di semi sono da evitare
- l’olio di oliva dipende dalla cultivar
- olio di avocado, palma e lardo consumare con moderazione
- sego, burro e ghi sono ok e contengono anche vitamine A, D e K
- olio di cocco ok
Riflessione sull’olio di oliva: la variazione è enorme, in questo grafico (16) vediamo che la concentrazione di acido linoleico di 36 diverse cultivar, si va dal 3,3% al 27%!

Grassi bovini: come potete vedere la quantità di acido linoleico tra allevamento intensivo e allevamento al pascolo non cambia molto. Come mai?
I ruminanti presentano bassi livelli di acido linoleico sia nella carne che nel latte, indipendentemente da ciò che mangiano. Questo accade perché il loro stomaco ha una “camera di bioidrogenazione” che contiene batteri in grado di convertire il grasso ad alto contenuto di acido linoleico in grassi saturi e monoinsaturi. Questo è in contrasto con gli animali con un solo stomaco, come polli e maiali, che, quando nutriti con una dieta ricca di acido linoleico, come mais e soia, mostrano un aumento dei livelli di acido linoleico nei loro tessuti simile al processo osservato negli esseri umani.
La capacità della camera di bioidrogenazione di convertire efficacemente il grasso ad alto contenuto di acido linoleico in grassi saturi e monoinsaturi è ben nota, poiché la differenza di acido linoleico nei ruminanti nutriti esclusivamente con erba rispetto a quelli alimentati con mais e soia è di circa 0,5%. Questo è il motivo per cui, dal punto di vista dell’assunzione di acido linoleico, non c’è molta differenza tra la carne bovina proveniente da allevamenti intensivi e quella alimentata esclusivamente a erba. I bovini alimentati al pascolo fanno una vita più allineata con la loro natura, ma livello nutrizionale, non c’è tanta differenza con la carna da allevamento intensivo. E no, la carne da allevamento intensivo non contiene ormoni perché l’utilizzo di ormoni nelle produzioni zootecniche in Europa è bandito dal 1988 (17).
Per quanto riguarda gli animali monogastrici la questione è diversa: sono come noi, non riescono a convertire l’acido linoleico che quindi va ad accumularsi nel tessuto adiposo. Anche se polli e maiali vengono alimentati con mangimi biologici, generalmente contengono quantità significative di acido linoleico, e quindi la maggior parte della carne di pollo e di maiale contiene oltre il 25% di acido linoleico.
Vorrei portare l’attenzione sull’olio di girasole: contiene ben il 78% di acido linoleico! L’olio di girasole è quello che viene solitamente utilizzato per la produzione della maionese industriale. Io amo la maionese e ogni volta che la mangiavo mi sentivo in colpa perché ero consapevole di introdurre nel mio corpo qualcosa che lo avrebbe danneggiato. Per questo motivo ho creato la Better Mayo, senza oli di semi e con il 78% di olio MCT che è formato solo da grassi saturi e quindi è stabilissimo all’ossidazione.
ACIDO LINOLEICO E FRUTTA SECCA
La frutta secca e i semi vengono definiti alimenti sani. Lo pensavo anche io, quando poi ho scoperto che contengono antinutrienti (perché sono dei semi) e alte quantità di acido linoleico (15), ho capito perché molte persone si sentono meglio dopo averli eliminati dalla loro alimentazione.

La miglior frutta secca in termini di acido linoleico è la macadamia, ed è la ragione per cui abbiamo creato la Creamy Bliss macadamia, è la crema spalmabile a base di frutta secca con la minor quantità di acido linoleico. Le Protein Bliss, essendo a base di cocco contengono anch’esse pochissimo acido linoleico.
COM’È NATA LA GUERRA AI GRASSI SATURI?
Il concetto secondo cui i grassi saturi causano malattie cardiovascolari aumentando il colesterolo nel sangue è chiamato “Diet-Heart hypothesis”. Questa ipotesi è alla base di quasi tutte le linee guida dietetiche a livello mondiale che impogono di limitare il consumo di grassi saturi come misura per evitare le malattie cardiovascolari. Negli ultimi 14 anni moltissimi articoli scientifici hanno dimostrato che i grassi saturi non hanno effetti sulle malattie cardiovascolari, né sulla mortalità totale. Le linee guida dietetiche nazionali non hanno però riconosciuto questo nuovo approccio sui grassi saturi e continuano a promuovere politiche basate su prove ormai obsolete o insufficienti.
La Diet-Heart hypothesis è stata proposta per la prima volta negli anni ’50 da Ancel Keys, un fisiologo dell’Università del Minnesota con un interesse per la nutrizione. Keys credeva che un alto livello di colesterolo nel sangue causasse depositi di grasso che andavano a ostruire le arterie causando attacchi cardiaci. Keys aveva osservato che le popolazioni meno abbienti in Sardegna, Napoli e Spagna sembravano soffrire di tassi più bassi di attacchi di cuore e consumavano diete povere di grassi saturi, come carne e latticini. Quindi Keys ipotizzò che i grassi saturi aumentassero il colesterolo e che questo causasse le malattie cardiache: la Diet-Heart hypothesis.
Keys è stato come descritto una persona altamente persuasiva, persino aggressiva, e queste caratteristiche potrebbero aver contribuito, almeno in parte, a far sì che la sua idea superasse ipotesi concorrenti per diventare il paradigma dominante nella spiegazione delle malattie cardiovascolari per i successivi 70 anni.
Un’autorità che Keys riuscì a conquistare fu Paul Dudley White, un influente cardiologo e medico personale del presidente Dwight D. Eisenhower. Quando Eisenhower ebbe il primo di diversi attacchi cardiaci, nel settembre del 1955, le idee di Keys furono promosse da White sotto i riflettori nazionali. White dichiarò chiaramente che la colpa era della dieta: Eisenhower intraprese un nuovo regime, povero di colesterolo e grassi saturi.
La seconda autorità che adottò la Diet-Heart hypothesis fu l’American Heart Association, di cui il dottor White era uno dei fondatori. L’AHA aveva evitato di dare consigli sulla prevenzione delle malattie cardiache, citando una mancanza di prove; tuttavia, nel 1960, Keys fu nominato nel comitato nutrizionale dell’associazione e un anno dopo, pur senza nuove evidenze scientifiche, convinse i suoi colleghi a raccomandare la sua idea come politica ufficiale dell’AHA. Fu così, che dal 1961 in poi, l’AHA raccomandò di ridurre il consumo di grassi saturi sostituendoli con oli vegetali polinsaturi per prevenire le malattie cardiache.
Questa politica nutrizionale è la più influente mai pubblicata: adottata prima dal governo degli Stati Uniti nel 1977, poi dai governi di tutto il mondo e anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
IMPORTANTE: l’American Heart Association aveva un significativo conflitto di interesse, dato che nel 1948 aveva ricevuto 1,7 milioni di dollari, circa 20 milioni di dollari attuali, da Procter & Gamble, i produttori della margarina Crisco. Gli oli di semi, come Crisco, hanno tratto beneficio da questa raccomandazione, poiché il consumo di questi oli da parte degli americani è aumentato di quasi il 90% dal 1970 al 2014.
Questo capitolo è la traduzione di una parte dall’articolo della giornalista investigativa Nina Teicholz, autrice del bellissimo libro The big fat surprise.
IL SEVEN COUNTRIES STUDIES
Il Seven Countries Study guidato da Keys, è stato considerato il fondamento dell’evidenza della Diet-Heart hypothesis. Lanciato nel 1957, lo studio ha seguito circa 12.770 uomini in 16 località di sette paesi: Italia, Grecia, Jugoslavia, Finlandia, Paesi Bassi, Stati Uniti e Giappone. Keys sapeva che scegliere questi paesi avrebbe probabilmente confermato la sua ipotesi. Non ha incluso, ad esempio, la Francia, dove le persone consumavano una grande quantità di grassi saturi, ma avevano bassi tassi di malattia cardiaca e per questo veniva chiamato il “paradosso francese”. La selezione delle nazioni da parte di Keys sembra fatta ad arte per dimostrare la sua ipotesi.
Nel 1975, quando Keys pubblicò i suoi risultati, emergeva una forte correlazione tra il consumo di grassi saturi e le morti per malattie cardiache. Tuttavia c’erano numerose carenze nella raccolta dei dati.
Nel 1989, una rianalisi dei dati del Seven Countries Study da parte di alcuni dei ricercatori originali dello studio ha trovato che la mortalità coronarica correlava meglio con i “dolci” piuttosto che con i grassi saturi. Se la categoria dolci avesse incluso anche cioccolato, gelato e bibite, è possibile che la correlazione sarebbe stata ancora più forte.
In definitiva, come spesso avviene con gli studi epidemiologici, i dati del Seven countries study potevano mostrare solo un’associazione, non una relazione di causa ed effetto. I risultati del Seven Countries Study non sono mai stati analizzati in modo indipendente e la maggior parte degli studi successivi che utilizzano approcci simili ha fallito nel confermare le sue conclusioni.

In questa immagine tratta dal libro Deep Nutrition della dottoressa Cate Shanahan possiamo vedere che se Keys avesse preso in considerazione i dati disponibili di 22 paesi, non sarebbe emersa alcuna correlazione tra il consumo di grassi saturi e le malattie cardiovascolari. Scegliere i sette paesi che avrebbero dimostrato la sua ipotesi significa fare una selezione mirata per ottenere il risultato desiderato. E questo approccio non ha nulla di scientifico.
Questo capitolo è stato estratto in parte dall’articolo della giornalista investigativa Nina Teicholz, autrice del bellissimo libro The big fat surprise.
CONCLUSIONI
Nella vita ci troveremo spesso di fronte a esperti che affermano bianco e altri esperti che affermano nero. Cosa fare in quelle situazioni? Tiriamo una moneta per decidere a chi credere? Per me la risposta è “decisamente NO!”. Se l’argomento mi interessa molto trovo il tempo di approfondirlo e una volta che ho raccolto dati sufficienti, uso il mio senso critico, la mia logica e il mio buon senso per trarre la MIA conclusione.
Se invece è un argomento che non mi interessa molto, mi affido alla conoscenza che ho accumulato fino a oggi e uso senso critico, logica e buon senso per prendere una posizione.
Nel corso della storia si è sempre cercato di indurre il popolo a credere alla narrativa che faceva comodo alla classe dominante. Nei millenni precedenti era molto semplice perché la maggior parte del popolo era analfabeta e anche quando non lo era, trovare le informazioni era difficilissimo.
Oggi ci troviamo nella situazione opposta: ci sono troppe informazioni e non sappiamo più a cosa credere. La soluzione però c’è, certo richiede un po’ di impegno, ricerca e riflessione. Ma come vogliamo vivere la nostra vita? Seguire le istruzioni senza porci alcuna domanda oppure in maniera consapevole? Che ognuno faccia la propria scelta.
Live Better è nata per portare consapevolezza. Quindi la mia scelta è palese.
Il sapere rende liberi.
Chiudo con questa emblematica immagine: come cambia la posizione dei media nel corso del tempo. Quello sulla copertina del 1961 è Ancel Keys.

La bibliografia si trova in fondo
Per approfondire l’argomento colesterolo consiglio questi approfondimenti sul nostro sito:
Perché il vostro medico pensa che il colesterolo faccia male
La verità sul colesterolo alto
L’oscura storia delle statine
Sono le traduzioni in italiano di presentazioni del dottor Paul Mason, il professionista dal quale ho imparato di più sul tema colesterolo.
LIBRI IN ITALIANO SU TEMA GRASSI SATURI
La salute del cuore una storia da riscrivere, dottoressa Natasha Campbell Mc Bride
Colestrolo? Sì grazie, dottor Uffe Ravnskov
Supermetabolismo con la dieta chetogenica, dottoressa Stefania Cazzavillan (primo capitolo dedicato alla questione grassi saturi)
LIBRI IN INGLESE SU TEMA GRASI SATURI
The big fat surprise, Nina Teicholz
Stay off my operating table, cardiologo Philip Ovadia
Lies my doctor told me, dottor Ken Berry
BIBLIOGRAFIA
1) https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(00)04166-0/abstract
2) https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMra054035
3) https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1002/ana.23555
4) https://www.nature.com/articles/s41586-023-06749-3
5) https://www.bmj.com/content/353/bmj.i1246.long
6) https://www.bmj.com/content/346/bmj.e8707.long
7) https://www.fao.org/fileadmin/templates/em2009/docs/FAO_2006_.pdf
10) https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/26950145/
11) https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC10386285/
12) https://sinu.it/2019/07/09/lipidi/
13) https://ods.od.nih.gov/factsheets/Omega3FattyAcids-HealthProfessional/
15) https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC10386285/
16) https://www.frontiersin.org/journals/plant-science/articles/10.3389/fpls.2021.653997/full



















































Grazie Elena, sei fantastica. Ho trovato questo documento veramente interessante e molto chiaro. Sapevo già tutto ciò che tu hai scritto però non avevo informazioni precise e riferimenti così ben articolati. Hai fatto un ottimo lavoro utile anche a persone come me che si difendono con l’intuito logico, ma non sempre e soprattutto non con tutti, riescono a difendere le proprie tesi. Grazie cara!
Grazie a te!
Bravissima Elena. Ti ringrazio tantissimo per il tuo impegno e tempo che dedichi a preparare e scrivere tutti questi articoli . Infinite grazie 💖